Capitolo 7: Il collezionista 8/14
Aprì gli occhi e si guardò intorno, buio, non c’era nulla
oltre lei lì. Abbassò il suo sguardo e vide il suo corpo, semi-trasparente.
Guardò la sua mano argentata e si guardò intorno. Cosa le stava succedendo?
L’ultima cosa che ricordava era Loki che le diceva “ti amo”. Si concentrò su di
lui e quando chiuse e riaprì gli occhi era nella sua camera da letto, Loki al
suo capezzale le teneva la mano, con lui c’erano Jae, Fenrir, Ayame, Emiryn e
Alex. Gli mosse una mano davanti al viso, ma nulla era un fantasma. Guardò la
sua camera, mobili degni di una regina del medioevo, un letto da principessa,
colori chiari e che le ricordavano la natura…si concentrò su Ayame che aveva
appena sospirato, lei era…la sua personalità…?
“Vedete…non so tutto…so che qualcuno raccolse tutti i
frammenti di ogni nostro sigillo dopo la nostra morte e raccolse anche tutti
gli anelli, eccetto il tuo Alpha, non riuscì ad impadronirsi di un potere così
grande” Ayame sospirò “non so come ma…ci fuse nel corpo di un cadavere o almeno
io credo lo fosse, i suoi capelli erano color pece e gli occhi erano viola, ma
appena finì di unirci a lei, ultimi di una lunga serie di oggetti raccolti per
lei, i suoi capelli divennero di miele e gli occhi color oro ma ancora non si
muoveva…passarono anni e lui continuò a montarla, piano unendo sempre altri
oggetti che tuttora ignoro da dove prendesse. Poi la fece svegliare, non aveva
nessun segno di umanità anche se il corpo la mostrava, così scelse la sua
personalità…sulla mia. Mi posizionò più vicina al suo cuore in modo che io la
influenzassi e lei potesse sembrare umana. Per secoli la tenne con sé,
addormentandola e svegliandola come più gradiva. Poi…tutto diventa nero per me…solo
Pandora sa cosa ha fatto quell’uomo…il collezionista. Così si è presentato…non
so altro”
Pandora guardò la scena diventare di nuovo nera e pensò al
collezionista. Chiuse gli occhi e li riaprì
Era finita in una torre, dall’aspetto consumato e vecchio,
dentro l’ambiente circolare c’era il caos di libri, fogli e pergamene sparse
ovunque. Le librerie erano strapiene e la luce veniva tutta da una candela. Su uno
scrittoio vide un uomo elegantemente vestito, con lunghi capelli castani
scrivere qualcosa. Fece per avvicinarsi ma lui si alzò e scaraventò tutto il
materiale posato sul tavolo a terra urlando istericamente in celtico “Non va
bene…non va bene per nulla”. Pandora si chinò e alzò un vecchio volume che raffigurava
quattro spade. Posò il volume sulla scrivania mentre l’uomo sorrideva “Sei qui
piccola” disse ancora. Pandora aprì il volume sulle spade che avevano attirato
la sua attenzione. L’uomo si avvicinò a leggere con la candela.
Pandora fece lo stesso spiando il volume dalle sue spalle
"Le somiglianze
tra le quattro spade... erano evidenti: erano tutte lunghe una cinquantina di
centimetri e ricavate da un unico pezzo di pietra. Delle quattro, solo Clarent
era brutta e opaca; le altre erano levigate e lucenti."
L’uomo fermò la sua lettura “cosa vuoi che legga piccola?”
Pandora non si mosse ma del vento mosse la pagina del libro
su un’immagine delle quattro spade separate. La prima, quella che le saltò all’occhio
era una bellissima spada dalla lama luminosa con su scritto in una lingua all’uomo
ormai sconosciuta “Excalibur”, l’impugnatura era blu, finemente e riccamente
decorata dall’oro e da alcune pietre preziose…delle quattro era la più regale.
“Excalibur: la spada
di ghiaccio. La storia e la leggenda di re Artù sono intimamente legate alla
magica e misteriosa spada Excalibur. Come il mago Merlino aveva annunciato,
solamente l'uomo in grado di estrarre la spada nella roccia sarebbe diventato
re. Artù, inginocchiato di fronte alla roccia, fece proprio questo: prese la
spada, la portò con sé fino alla Cattedrale e la depose sull'altare. Artù fu
unto con l'olio santo e, alla presenza di tutti i baroni e della gente comune,
giurò solennemente di essere un sovrano leale e di difendere la verità e la
giustizia per tutti i giorni della sua vita…”
L’uomo andò alla spada successiva. Clarent portava il nome,
non era brutta né poco affilata ma la sua luce era oscura, tanto che persino il
disegno di essa sembrava oscurarle la vista. Aveva un’impugnatura nera, con
decorazioni in argento e ferro, era molto decorata ma era anche molto
inquietante…e per uno strano motivo la chiamava a sé…
“Clarent: la spada del
fuoco, la gemella di Excalibur. È la spada di Mordred, originariamente
immagazzinata da King Arthur nell'armeria di Camelot. Descritta come "più
abbagliante di qualsiasi argento", è una spada d'argento bianca ornata e
scintillante adornata da splendide decorazioni, agendo come simbolo della
regalità che indica il diritto di successione del trono. Clarent si scontrò
contro Excalibur e uccise il re in una battaglia mortale in cui anche Mordred
il traditore morì. La spada si pensa sia maledetta in seguito a una lunga
storia di traditori e di assassini che la utilizzarono per ottenere il potere
con l’inganno e la forza. Tra tutte è la spada con l’anima più oscura…”
L’uomo guardò la spada dopo, luminosa come Excalibur, dall’impugnatura
su un grigio-argento, decorata d’oro aveva su inciso il nome “Joyeuse”
“Joyeuse: La Spada
della Terra, è la spada gemella di Durendal. Conosciuta anche come la Gioiosa,
era la spada di Carlo Magno. Lo stesso nome, di origine ignota, figura anche
nei racconti della Tavola Rotonda, attribuito stavolta alla spada di
Lancillotto. Alcune leggende raccontano che fu forgiata per contenere la Lancia
Sacra nel pomello, mentre altre sostengono che fu fabbricata con gli stessi
materiali della Durlindana (Durendal) di Orlando e della Cortana di Ogier il
Danese. Gioiosa era di duro acciaio temprato, colui che la fece è stato ben
ricompensato; impiegò due anni prima che fosse affilata…”
L’uomo osservò l’ultima spada, dalla lama più scura delle
altre, con un’impugnatura color carbone, non era decorata per nulla, se non per
i pochi pezzi d’oro e ossidiana, con una perla bianca alla fine del manico, c’era
Durendal
“Durendal: La Spada
dell'Aria, l'indistruttibile. Conosciuta anche come Durlindana, era la spada di
Orlando, il paladino di Carlo Magno “... una semplice spada di pietra. L'elsa
era disadorna e la lama grigia era talmente lucida da sembrare metallica”. Orlando
brandì l'arma nella battaglia di Roncisvalle uccidendo con essa migliaia di
Baschi, ma a causa delle ferite riportate anch'egli morì; prima di morire,
tuttavia, Orlando tentò di distruggerla, per evitare che cadesse in mani nemiche,
ma l'impatto con la roccia generò la cosiddetta breccia di Orlando, nei Pirenei;
Durlindana si dimostrò infrangibile e così Orlando la nascose sotto il suo
corpo assieme all'olifante con cui aveva avvisato Carlo della battaglia…”
Finì di leggere l’uomo “Ma certo! Era così logico! Mia piccola
te le prenderò! Farò sì che tu abbia Excalibur, l’anima del re; Clarent, la
spada degli assassini; Joyeuse, la spada dei fedeli d’amore e Durendal, la
spada degli eroi…sarai perfetta mia piccola! Non importa a che prezzo ti darò
un corpo perfetto!”
Pandora lo vide correre giù per le scale e chiuse gli occhi.
Quando li riaprì era ancora alla torre ma era passato molto tempo. Davanti a
lei c’erano quattro spade, le spade del libro e l’uomo che era ancora più
elegante di prima ma non sembrava invecchiato, anche se sembrava passato
parecchio tempo nella torre.
“Piccola ti prego dammi un segno…che cosa devo fare?” la
voce dell’uomo era una supplica “so che se sono riuscito a crearti ti ho
rimandato a me…ti prego mostrami ciò che devo fare…”
Pandora fu attratta da una pergamena e la portò alla
scrivania
“Scoperti cadaveri sbranati…i Nightmare…” lesse l’uomo “vuoi
che prenda i loro sigilli?” si illuminò “Ma era così ovvio! Quei maledetti cani
demoniaci ti potranno dare forza!” e di nuovo si mise a lavoro a scrivere
qualcosa. Pandora si sporse e vide una lunghissima lista di nomi, erano i nomi,
tutti i nomi, di ogni singolo membro del branco “Ruberò gli anelli e
raccoglierò i trecento caduti…lascia che me ne occupi io mia bella…ho già preso
gli altri oggetti, manca poco”
La scena che le se presentò davanti quando riaprì gli occhi
era di una stanza bianca “Piccola, le quattro spade sono bastate appena a fare
questa, ma è perfetta, con le parti da me già fatte ti farò tornare da me…” Pandora
osservò cosa l’uomo teneva in mano, una mano d’argento con una croce, la sua
mano. Guardò la sua mano e vide che i diamanti assunsero i colori delle quattro
spade, diamante per Excalibur, rubino per Clarent, zaffiro giallo per Joyeuse e
infine tormalina nera per Durendal. Guardò sul tavolo vari pezzi di lei ma l’oscurità
le permise solo di vedere che c’erano dei simboli su pelle color argento, null’altro.
Si sentiva cadere nel buio ora, spaventata e vuota. Alzò la
mano verso l’alto. Importava se cadeva? Chi l’avrebbe mai rimpianta infondo? Quell’uomo
che la stava creando no di certo o non l’avrebbe abbandonata…eppure c’era una
sensazione di calore che la sua mano destra le lasciava… si stava facendo
cadere piano, era inutile dimenarsi per il nulla…ma quel calore se lo
ricordava, se lo ricordava molto bene. Chiuse la mano stringendola sentì una
stretta forte e decisa
“Pandora!”
-L…Loki- riconobbe quella voce e riuscì a vedere una mano
bianca afferrarla e tirarla via dall’oscurità.
Aprì gli occhi e era nel suo letto con un Loki addormentato
al suo fianco che le stringeva forte la mano. Erano soli. Lei sorrise e gli
accarezzò la testa piano. Lui aprì gli occhi e si sollevò a guardarla.
-PAM! –le saltò al collo e la strinse forte. Lei si limitò
ad accarezzarlo piano mentre sentiva dentro di se qualcosa battere piano, come
risvegliata dal giovane. Ma ora non le interessava nulla. Erano solo lei e il
suo Loki. Il Loki che aveva risvegliato la sua coscienza e le aveva permesso di
“chiudersi”, il Loki che le era sempre stato accanto, il Loki che ora l’aveva
risvegliata…il Loki che se avesse potuto avrebbe amato…il suo Loki…
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