WitchandAngel : Capitolo 1: Now you are death

Capitolo 1: Now you are death


Otome life

Capitolo 1: Now you are death

A dire la verità…ho sprecato la mia vita.
Non ho mai trovato utile nulla e l’unica cosa che mi rendeva felice erano le visual-novel e i giochi Otome in generale. Ho finito la scuola a pieni voti certo, ma l’ho fatto per il semplice motivo che mia madre mi ha comprato delle visual novel con temi che poi erano le materie di scuola. Ho finito gli studi ma sono ancora a casa dei miei. Una venticinquenne che non ha fatto nulla di buono per tutta la sua vita. Patetico vero?
Mia madre è sempre stata molto compressiva. Mi ha sempre comprato ciò che chiedevo e mi ha sempre riempito di visual novel così che io non mi annoiassi mai e non mi sentissi sola. A mio padre la cosa non andava bene e chiese il divorzio con affidamento esclusivo. La cosa gli si ritorse contro poiché io, che al tempo avevo cinque anni, chiesi di essere affidata a mia madre. Non gli è mai andata giù come situazione e tuttora fatica ad accettare che la mia vita consista nello stare chiusa nella mia camera e vivere solo giocando. Fosse solo questo…io sono…ossessiva. Se inizio una visual novel la finisco. Ma non solo finisco la divoro completamente. La rigioco facendo ogni possibile scelta, combinazione, gioco, route, mini-gioco, analisi del personaggio, cerco informazioni su ogni singolo personaggio, principale o meno, del gioco, dell’ambiente…se ci sono extra li compro, se esistono gli oggetti del gioco li compro. Sono ossessiva. Se non finisco una cosa alla perfezione non riesco a fare nulla se non giocare. Il gioco che tra tutti mi è rimasto più impresso però è quello che ha avuto più di cinque anni della mia vita spesi su di lui, tra speciali, fumetti e libri, route, personaggi e un casino di oggetti. Questa visual novel si chiama “Restart”. Non ha una gran trama di per sé ma per qualche motivo non riuscivo a smettere di giocarci. I mini-giochi erano casuali, ad esempio il test di ingresso all’accademia di magia era casuale, le domande cambiavano con una combinazione di oltre mille possibili domande…ci ho messo un mese solo per farle tutte. Per di più hanno rilasciato i libri che l’accademia usava per gli studi. Ovviamente quando mamma me li ha fatti trovare non ho fatto altro che studiarli. Il test di magia, che prevedeva una combinazione di incantesimi che dovevi imparare sul serio, aveva poi diversi risultati e in base a quello che usciva capitavi con un insegnante diverso, ovviamente non potevo non farli tutti. Poi durante l’anno scolastico c’erano esami su esami, che modificavano il corso della storia in base al risultato, sfide di magia, appuntamenti, lotte, intrighi…insomma ho avuto il mio bel da fare per finirlo completamente. Potrei dire che so più di quella vita che della mia…
Mia madre non mi ha mai fermata. Mi faceva addirittura dei caffè per tenermi sveglia quando io facevo le notti e faceva sì che io dormissi tranquilla di giorno. Non mi ha mai chiesto nulla, per questo quando mi ha chiesto di andare a un appuntamento con questo ragazzo non ho potuto rifiutarmi. Prima che uscissi mi ha detto che era fiera di avermi come figlia, che nulla di ciò che potevano dire gli altri importava e che io ero e sarei sempre stata perfetta nei suoi occhi. Da come mi stringeva ho per un secondo pensato che fosse un addio. Mi ha chiesto scusa quando mi ha messo in auto con quel ragazzo.
Ho avuto paura per tutta la serata che qualcosa non sarebbe finito bene…
Avevo ragione
Verso le ventitré e cinquanta mia madre mi scrisse un messaggio “Qualsiasi cosa succeda io ti amerò sempre. Sei mia figlia non importa cosa, ho fatto di tutto per darti una vita felice con me ma so che non sempre potrò proteggerti. Per questo voglio dirti che ti amo con tutto il cuore e non dimenticarlo mai, tu sei mia figlia e io ti vorrò bene per sempre”
Ho risposto con un “anch’io te ne voglio mamma”
E lei mi ha scritto “spero tu possa perdonare il mio egoismo ma so che sarai felice. Ti voglio bene e ti prego sta attenta”
Risposi con “qualsiasi cosa succeda io ti vorrò bene mamma, non ho nulla da perdonarti perché non hai fatto nulla di male”
Non ci fu risposta a quel messaggio o se c’è ne fu una io non ebbi tempo di sentirla. L’auto che mi stava riportando a casa ebbe un’incidente quella notte. Un incidente mortale.
Ricordo di aver provato molto dolore quella notte. Che mia madre era al mio fianco mentre i medici spingevano di corsa la barella. L’ho vista piangere e chiedermi scusa. Volevo calmarla, dirle che sarebbe andato tutto bene…ma non potevo parlare o muovermi. Non potevo dirle nulla…non potevo confortarla…non potevo esserle vicina…non lo sarei stata mai più. Mio padre era arrivato in quel momento. L’ho visto piangere e avvicinarsi alla barella e dirmi che sarebbe andato tutto bene. Che ci avrebbe pensato lui a curarmi. Papà era uno dei migliori chirurghi dello stato. Ma non poteva fare nulla per me. Non sarei arrivata alla sala operatoria.
Sono morta con loro vicini. Davanti i loro occhi. Davanti a una madre che stava perdendo l’unica famiglia che ha mai avuto e un padre che non aveva nemmeno potuto dirmi addio come si doveva.
I loro volti disperati sono l’ultima cosa che ricordo di aver visto.
Poi il buio
Ma dopo il buio ho visto la luce.
Ho aperto gli occhi in una bella stanza. Fuori c’era una luce forte. Mi alzai a sedere e sentii il corpo leggero. Mi guardai intorno e di certo non era camera mia quella. Era un’enorme camera degna di una principessa quella, con mobili di ciliegio, un letto a baldacchino dai toni chiari, molti peluche e un enorme specchio di fianco all’armadio. Il riflesso attirò il mio sguardo. Quella non ero io. Il mio corpo non era di una venticinquenne, ma di una bimba di nove anni circa. I miei capelli erano ora ramati e gli occhi verde strega. La mia pelle era lattea e perfetta. Ero così perfetta…non ero mai stata così bella da piccola. La mia testa aveva una fascia sporca di sangue. Ero stata ferita?
In quel momento una valanga di ricordi mi colpirono. Non quelli che già avevo della mia precedente vita ma quelli di questa vita. Ero morta anche qui.
Il mio nome qui era Roze Annabelle Blackmoon. Ero una nobildonna figlia di una ricca famiglia. Quel giorno mentre cavalcavo con la mia cotta, il principe Stephan, ero caduta di cavallo, a causa sua apparentemente, e mi ero fatta una brutta ferita alla testa. Sono morta all’istante e la mia anima ha perso la personalità originale. Ma per qualche motivo la mia…mia originale diciamo, è finita in questo corpo assorbendo l’anima della persona originale di questo corpo…in pratica sono rinata.
Il mio corpo originario è morto invece questo ha acquistato una nuova anima per sopravvivere…
Ma non è questo il problema.
Se i ricordi non mentono questo corpo è quello di Lady Annabelle…la cattiva rivale di due delle quattro route di Restart. Prima che potessi darci pensiero notai la porta aprirsi una serva urlare in lacrime e correre da qualche parte. Lacrime…i miei…no…
Dopo pochi attimi entrò correndo un uomo dai capelli ramati e occhi verdi. Mio padre. Lord Dimitri e con lui…mia madre, una donna dai capelli neri e occhi verdi, Lady Katherine.
Mia madre mi strinse stretta iniziando a piangere, seguita da mio padre. In quel momento non stavo capendo molto di ciò che stava succedendo. Ho lasciato ai due fare tutto. L’unica cosa che sapevo era che stavo piangendo. Piangevo per aver perso la mia vita, mio padre e mia madre. Avevo perso tutto e nulla me lo avrebbe ridato.
Non so esattamente quando me lo ha detto mio padre, visto che mamma piangeva come un’ossessa, ma avrei sposato il principe Stephan…e in tutto questo…il mio pensiero era che non avevo potuto iniziare un nuovo gioco che mamma mi aveva preso…



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