Capitolo 1: A tragic story
La vita non ti dà mai ciò che vuoi quando lo vuoi. Ciò che
consideriamo normalità può cambiare molto in fretta.
Erano le prime ore del mattino quando le chiamate furono
fatte. Non ci fu molto detto in quella chiamata se non che si richiedeva la
presenza di quella persona per un documento. Dopo ore di conversazione tutti
accettarono di presentarsi…nella sala di una villa dove era evidente che
qualcuno era morto di recente. Nessuno di loro riconosceva il luogo o il nome
sulla casa ma capirono che qualcosa non andava.
Ad accoglierli fu un avvocato abbastanza giovane dai capelli
scuri e occhi neri coperti da occhiali da vista- mi spiace per averla contatta
così in fretta, se mi vuole seguire la porterò nel mio ufficio, dobbiamo solo
aspettare gli altri.
Altri? Perché c’era qualcun altro oltre me? Fu ciò che
pensarono tutti.
Alla fine nell’elegante ufficio vi erano cinque uomini oltre
all’avvocato: un importante imprenditore dai capelli di un chiaro biondo quasi
bianco e occhi rosso sangue; un famoso dottore dai capelli castani e occhi
celesti; un boss mafioso dai capelli neri e occhi oro-ambra; un famoso
musicista dai capelli rosso scuro e occhi verdi e infine un eroe di guerra dai
capelli biondi e occhi grigi.
Dire che la situazione era strana era dire poco. Cosa ci
facevano un mafioso, un dottore, un imprenditore, un eroe di guerra e un
musicista nella stanza di un avvocato? Pareva l’inizio di una pessima
barzelletta.
-Allora?
-Lasciate che mi presenti, il mio nome è Peter BlackWolf,
sono l’avvocato…ero l’avvocato di Jennifer Michelle Black. Il nome vi dice
nulla?
I cinque annuirono e poi si guardarono tra loro…beh non
erano in una seria relazione con la donna ed erano anni che non si vedevano con
lei quindi…perché la bruna dagli occhi castani chiedeva ora di loro?
-Che è successo? –chiese l’imprenditore, il suo nome era
Hunter Darkhood ed era proprietario di parecchie aziende e multinazionali di
successo.
-Perché siamo qui? –chiese invece il mafioso, Aaron Demon,
era a capo della più potente organizzazione criminale dello stato.
-Jennifer sta bene? –chiese il musicista piano, il suo nome
era Damian Wood ed era un eccelso musicista che valeva millioni e che aveva
parecchio da potersi mettere in pensione nonostante fosse ancora molto giovane.
-Dov’è Jennifer? –chiese invece il dottore, Jonathan
Blackgunn, un chirurgo di successo che aveva salvato più vite di ciò che poteva
contare oramai.
-Che è successo a Jennifer? –chiese invece l’eroe di guerra,
Alexander BlackForest, un militare pluripremiato la cui fama lo precedeva.
I cinque erano all’apice del successo e economicamente
stabili da anni. Per essere precisi, erano cinque dei più voluti single del
momento, che Jennifer li chiamasse così era…strano.
-Da quanto non sentite notizie da Jennifer? –chiese Peter
-Cinque anni- dissero tutti in coro poi guardandosi straniti
L’avvocato sospirò- sapevate che Jennifer ha una figlia?
Tutti si zittirono in quel secondo.
-Lo prendo per un no- disse l’avvocato- siete qui perché
richiediamo un test del DNA per…
-Aspetta un secondo –disse Aaron- perché mai dovrei fare…
-Jennifer è stata uccisa- disse l’avvocato diretto- non ci
sono parenti in vita che possano prendere la bambina, abbiamo trovato un elenco
con nomi scritto da Jennifer, siete cinque dei otto potenziali padri indicati
e…
-Otto? –chiese Alexander- dove si trovano gli altri tre?
-Uno di loro è morto due anni fa per una malattia, abbiamo
già eseguito il test con un risultato negativo; il secondo è morto due mesi fa
in uno scontro tra gang, abbiamo eseguito il test e anche lui non è risultato
il padre- l’avvocato prese fiato prima di riprendere- il terzo è ancora in
vita…
-Perché non è qui? –chiese Hunter
-Si trova in un ospedale psichiatrico affetto da gravi
malattie mentali e se mai uscirà da lì finirà in carcere a vita per l’omicidio
della sua famiglia. Abbiamo fatto un test con supervisione delle guardie, non è
il padre- disse l’avvocato
-La bambina…dov’è? –chiese Jonathan guardandosi intorno un
secondo- questa presumo sia la casa di Jennifer…dov’è sua figlia?
-Come ho detto, non ha parenti in vita e non siamo sicuri
chi sia il padre –disse l’avvocato- possiamo solo presumere che sia uno di voi
o che Jennifer non abbia mai scritto sull’elenco il vero padre…per ora la
bambina sta aspettando nella camera dove la madre è stata sparata…
-Sparata? –chiese Alexander alzandosi- avete il fegato di
mollare una bambina da sola nella stanza dove la madre è morta?! Avete almeno
ripulito la scena?!
-Non è qualcosa che cambierebbe molto- disse Peter
sistemandosi gli occhiali- è morta di fronte alla figlia
-Oh santo cielo…- disse Aaron piano
-Dio santo- mormorò Jonathan
-Portaci da lei veloce- disse invece Hunter alzandosi- chi
cazzo è l’incompetente che lascia una bambina sola dopo la morte della madre?!
Peter non rispose alla cosa.
-Sul certificato di nascita –iniziò Damian che era stato in
silenzio- che c’è scritto?
-Jennifer Michelle Black come madre- disse Peter- il padre è
stato lasciato in bianco
-Fantastico –mormorò Hunter- nemmeno la decenza di chiamarci
e informarci della cosa…sono cinque anni…
Peter non disse nulla conducendoli per la casa in silenzio.
La verità? Tutti e cinque avevano grossi motivi per volere
un erede.
Hunter non amava l’idea di averne perché non voleva fossero
la scusa per qualcuno di sposarlo.
Jonathan amava i bambini quanto amava il suo lavoro, erano
anni che desiderava figli ma le sue relazioni erano sempre poco stabili a causa
delle lunghe ore di lavoro che aveva.
Aaron era stato cresciuto per essere un boss. Non aveva
problemi ad avere donne o figli volendo ma non ne voleva. Ma se quella era sua
figlia, nessuno gli avrebbe impedito di renderla la sua principessa e di
tenerla al sicuro. Nel suo libro due cose non si toccavano: bambini e donne. Se
la bimba era figlia sua se ne sarebbe preso cura.
Damian era orfano, per la precisione i suoi lo abbandonarono
per poi tornare quando divenne famoso, non li perdonò mai per questo. L’idea
stessa di avere figli lo spaventava ma si era ripromesso di non mancare mai
dalla vita dei propri figli se ne avrebbe mai avuti. Aveva perso cinque anni di
già…non poteva perderne di più.
Alexander era diverso da loro. Era un militare che aveva più
medaglie che vestiti a casa. Aveva conosciuto Jennifer per caso ed era stato
con lei per parecchio tempo. Le cose non funzionarono per la distanza e non
voleva che lei fosse forzata ad aspettarlo a casa in ansia, per questo non la
vedeva da cinque lunghi anni. Ad essere precisi era tornato dalla base militare
due mesi prima, guadagnandosi finalmente un lungo periodo di riposo e facendosi
trasferire fuori dalla zona di pericolo, era stanco di combattere, specie dopo
che l’ultima lotta lo aveva spedito in fin di vita in un ospedale dove lo
salvarono per puro miracolo. Una cattiva sorte fu che i fumi tossici, la ferita
e la lentezza dei soccorsi gli costarono mesi di ricovero e una brutta notizia,
nonostante fosse tutto intero e non avesse perso nulla…non avrebbe più avuto
figli. Se lei era sua era letteralmente l’unica figlia che poteva avere.
-C’è una cosa che dovete sapere- iniziò Peter dopo un po’-
non è all’oscuro dei comportamenti della madre…sa che non si sa chi sia il
padre, avrà cinque anni ma è molto ma molto intelligente. Ha capito la
situazione fin da piccola e ha sempre…era lei che si prendeva cura di Jennifer
e non viceversa…
-Come si chiama? –chiese Alexander, ricordandosi ora che non
era stata chiamata con un nome finora
-Hope Felicity Black- disse Peter- la madre glielo diede con
il significato di “Speranza di felicità”, dopo la sua nascita Jennifer divenne
ossessiva sulla figlia e aveva sempre paura di perderla…
-Hope è in salute? –chiese Jonathan guardandolo
Peter si bloccò- non ha…malattie fisiche
-Ma? –chiese Aaron
-Dimostra distaccamento emotivo, non reagisce come dovrebbe
spesso e volentieri e non si comporta per l’età che ha- disse Peter piano- lo
psicologo che l’ha visitata ha consigliato di non farle fare altri test del DNA
finché non si sarebbe ripresa, ha anche detto che potrebbe essere un suo metodo
per metabolizzare ciò che è successo…e che potrebbe soffrire di PTSD…
-Oh cielo…
Quando entrarono nella stanza trovarono solo una piccola
figura che osservava un punto senza muoversi. Era vestita in nero e guardava un
punto della stanza quasi fosse una bambola.
-Peter, pensi che potremmo rimuovere le tracce di sangue da
quei tappeti? –chiese piano- mamma li adorava, sarebbe un peccato se venissero
gettati…
Peter calmò il respiro prima di parlare- sono certo che
possiamo trovare un modo
Lei annuì- chi sono le persone con te? –chiese senza girarsi
-Gli uomini nella lista- disse Peter avvicinandosi piano-
Hope, puoi presentarti?
Lei si girò piano e li guardò da dietro gli occhiali da sole
molto scuri. Si tolse gli occhiali piano e sospirò- mi spiace, pare che mia
madre vi abbia trascinato in una problematica situazione…spero che potremo
risolvere il tutto in fretta così che possiate tornare alle vostre vite senza
problemi…
Nessuno dei cinque fiatò…co…cos’erano quegli occhi?
La bambina aveva capelli biondo caramello lunghi fino alle
caviglie, era stupenda e graziosa, una bambola vivente e quegli occhi…occhi
così unici: l’occhio destro era un terzo ambra, un terzo rosso e un terzo
castano, l’occhio sinistro era un terzo celeste, un terzo verde e un terzo
grigio.
Quello…non sembrava causato da qualcosa di naturale…
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