Capitolo 4- Alice e un brutto passato.
Il periodo in cui ero nata era un periodo orrendo per i miei
genitori, non mi volevano, lo sapevo, mia madre aveva anche provato a abortire
ma non ci riuscì. Appena fui nata mi mollarono alla nonna e tornarono a fare la
loro vita. La nonna era dolce e gentile con me, mi crebbe come se fossi sua
figlia, ma presto dovette andarsene e io scoprii l'inferno che poteva essere la
mia vita in quella casa. Mio padre cominciò a bere e mia madre cadde in
depressione, il nonno era andato con la nonna, quasi nello stesso momento, una
cosa tenera...volevano stare insieme per sempre e se ne sono andati insieme per
non separarsi mai. Non so cosa mi spinse...forse il coniglio? Sul fucile del
nonno c'era un così bel coniglietto laccato di bianco o forse il matto? Già era
così che il nonno aveva chiamato il mio pupazzo, era un elegante ragazzo con un
grande cappello, da qui il nome Cappellaio Matto, diceva che nella nostra casa
solo un Matto poteva restare. C'era anche un gatto, lo chiamavamo Stregatto,
perché se dicevi Stre veniva da te e sembrava capire alla perfezione ciò che
dicevi, inoltre spariva e appariva dal nulla. Erano i miei amici, vivevo con
loro. Portai il Bianconiglio, il fucile, nella mia stanza e lo nascosi sotto al
letto, insieme a Matto e Gatto. Intanto mio padre continuava a peggiorare e
anche la mamma aveva cominciato a fare cose strane, usciva con altri uomini e
donne, credo che tradisse mio padre, ma anche lui la tradiva. Un giorno quasi
scoprirono cosa tenevo nell'armadio, così decisi di spostare i tre nel bosco,
ironicamente non era lontano da dove eravamo state rinchiuse, erano proprio lì,
nel bosco che circondava il manicomio, ad aspettarmi. Ora penserete, ma il
gatto sarà morto, beh era uno strano gatto, ero certa che era ancora vivo. Quel
giorno avevo dimenticato di rimettere Bianconiglio nel nascondiglio e l'avevo
portato a casa, fu la mia salvezza. Appena scappai, mentre la casa bruciava nel
fuoco, lo riposi nel nascondiglio e lì vicino svenni e venni portata nel
manicomio. Dovevo solo ritrovarli. Appena capii dov'ero iniziai a pregare di
ridarmi i miei amici, ma nulla, questo servì solo a incrementare l'interesse
del dottore per me. Ogni tanto, quando nessuno mi guardava, mi arrampicavo sul
muro morbidoso e guardavo dallo spiraglio, lo vedevo lì, il gatto era seduto
all'entrata del manicomio e mi aspettava. Sapevo che si spostava quando non lo
guardavo, lo sapevo e sapevo che sarebbe stato lui a portarmi dal coniglio e
dal Matto. Ci eravamo addormentate, dovevamo andare al primo piano ma il sonno
aveva preso il sopravvento. Rossa e le altre erano addormentate vicino a me,
avevamo le mani strette insieme e in quel momento mi resi conto di una cosa,
dovevo proteggerle, più le guardavo e più capivo quanto malato e orrendo fosse
stato il periodo in cui erano rimaste qui, volevo ridar loro una vita. Presi il
taccuino e la matita, girai pagina e iniziai a disegnare, una bella casetta in
legno, circondata da campi vasti e un boschetto, un piccolo villaggio lontano
dalla casa ma non troppo, un bel giardino, un'altalena...era la casa che
avremmo avuto, l'avremmo costruita noi, eravamo abili a costruire cose, era uno
degli esercizi che ci facevano fare. Girai pagina e iniziai a scrivere cosa
avrei dovuto fare, prima tra tutte serviva un lavoro, avrei ucciso chiunque
avesse cercato di riportarci indietro, anzi avremmo potuto dare fuoco al posto?
Era questo che mi chiedevo mentre disegnavo e scrivevo, avremmo avuto un orto,
così da non dover andare a comprare spesso il cibo, potevamo andare a pescare
magari...qualche albero da frutto anche...feci un lungo elenco di cose e idee
che volevo realizzare. Non mi accorsi che loro si erano svegliate e che stavano
leggendo. Quando le sentii ridere capii che erano d'accordo.
-Sono idee buone ma- disse Raperonzolo
-Non sarà un po' troppo poco? Potremmo avere anche una
scuderia! -scherzò Belle
-Oh una fattoria, così da non dover comprare tante cose al
villaggio e non doverci allontanare da casa per troppo tempo- disse Rossa.
Ridemmo, eravamo già partite in quarta senza nemmeno chiederci
se saremmo mai riuscite ad uscire da lì ma noi lo sentivano, sapevamo che
saremmo uscite.
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