Capitolo 2: tragedia al Fazbear
Siediti sulla riva del
fiume e aspetta. Vedrai passare il cadavere del tuo nemico.
(Proverbio cinese)
Con l’avanzare
dell’età, ci rendiamo conto che la vendetta è ancora la più sicura forma di
giustizia.
(Henry Becque)
Chi dice che la miglior
vendetta è il perdono non ha mai subito un torto.
(Roberto Gervaso)
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-Quel giorno ero molto irrequieta, non avevo una bella
sensazione
Ero molto agitata, i bambini erano dal padre e io ero
davvero molto in ansia per loro. Le ore passavano lentissime e alla fine decisi
di andare da loro...ma era troppo tardi...
-Che cosa aveva fatto?
-Non lo sapevo ma lo sentivo, lui li aveva uccisi e aveva
nascosto i corpi...più tardi scoprii dove
-Che fece?
Entrai nel locale, non c'era un suono, così chiamai prima
mio marito, poi tutti i miei bambini
-Ragazzi? –ero in ansia, ogni secondo il mio cuore perdeva
un battito, avevo paura di cosa potesse essere successo. Sentivo...delle urla
-Urla?
-...non sapevo che pensare, se fossero vere o meno ma so,
che non erano vere
-Continui
Sentii il rumore di un coltello venir affilato
-Oh mia dolce moglie, perché non vieni un po' di qua?
Sentivo la lama e una...no più voci mi urlavano di scappare
di correre via
-Dove sono i bambini?!
-Oh loro? –lo sentivo ridere, una risata non più umana e che
mi fece raggelare- non sono più vivi mia cara...
Mi misi le mani davanti al viso e soppressi un urlo,
indietreggiai fino alla porta e con una mano cercai la maniglia
-Ora mia amata, vieni da me
Aprii la porta a fatica e corsi via verso l'auto, nella mia
testa, mentre le lacrime mi offuscavano la vista, sentivo le loro voci urlarmi
di scappare da lui e dirmi addio...era orrendo. Salii in auto e partii in
fretta e furia, incurante delle lacrime o di lui che per un po' mi inseguii a
piedi. Arrivai a casa, mi barricai dentro e lasciai che le lacrime continuassero
a scendere copiose cancellando ogni segno di trucco che avevo. Non so per
quanto rimasi a piangere prima di crollare addormentata, ma quando mi svegliai
ero più morta che viva. Non sapevo cosa pensare o fare, avevo perso l'unica
famiglia che avevo e il senso di colpa era insopportabile per me. Volevo solo
morire, così smisi di mangiare, muovermi, stavo solo seduta con le gambe al
petto a piangere e a aspettare che qualcosa succedesse. Sono rimasta in quella
posizione per ore, poi il mio corpo si alzò contro la mia volontà, non capivo
cosa stesse succedendo ma chiunque lo avesse fatto muovere gli diede l'ordine
di farmi mangiare qualcosa. Caddi in ginocchio appena riebbi il controllo del
corpo, non volevano che io morissi di fame. Era passata mezza giornata dopo che
io avevo lasciato quel dannato locale, avevo dormito, pianto e poi qualcosa mi
aveva costretta a mangiare un pacchetto di patatine che avevo sempre per i
ragazzi. Ero ancora decisa a farla finita, così mi riempii la vasca da bagno
d'acqua, collegai alla corrente l’arricciacapelli e mi immersi nella vasca, con
un po' di timore lo lasciai cadere in acqua pronta a morire folgorata invece in
quel preciso istante saltò la luce. Mi sembrava una presa in giro, non poteva
star succedendo davvero. Tolsi l’arricciacapelli dall’acqua, lo staccai dalla
corrente e lo buttai dritto nella spazzatura. Uscita dalla vasca mi vestii,
dovevo riaccendere la luce. Andai in corridoio e passai accanto alla stanza dei
giochi dei ragazzi. Mi bloccai totalmente e decisi di andare a vederla, così
senza una vera ragione. Era ancora nel disordine solito dei ragazzi, la cosa mi
fece sorridere, mi avvicinai al tavolo centrale dove trovai un biglietto e il
ciondolo porta foto che non mi ero accorta di aver perso, lo indossavo sempre e
non me lo toglievo mai. Presi il ciondolo e lo aprii trovando dentro la foto
mia e dei ragazzi su un lato, ma la foto di mio marito che era sull'altro era
sparita, era stata sostituita con la foto degli animatronix e la cosa mi stupii
abbastanza. Presi il biglietto e lo lessi
“Non puoi arrenderti senza prima averci vendicato”
Le lacrime caddero ancora una volta copiose, mi lasciai
cadere a terra e a quel punto mi svegliai. Ero ancora in soggiorno, ancora con
le gambe al petto, la luce era accesa, la porta barricata, e nulla di ciò che
avevo sognato era successo. Mi alzai senza esitazione e controllai la camera
dei ragazzi, controllai il ciondolo e tutta casa. Era stato solo un sogno, un
sogno che mi aveva svegliato.
Feci una cosa che prima non avevo mai avuto il coraggio di
fare, cercai online e comprai un'arma, avevo il porto d’armi ma non avevo
un'arma da prima che mi sposassi, costavano troppo e con i ragazzi in giro era
rischioso tenerla in casa, l'arma sarebbe arrivata verso l'alba, era ancora
notte fonda. Aprii il cellulare e vidi le chiamate di mio marito e i suoi
messaggi minatori, mi alterai ancora di più, ero uscita dallo stato depressivo
ed ora ero solo molto ma molto incazzata. Online si trova di tutto sapete?
Cercai ogni singola informazione che potevo trovare su quel mostro che io avevo
sposato. Prima che me ne accorgessi ero pronta a tutto pur di scoprire cosa era
successo ai miei figli. Avrei potuto di certo chiamare la polizia, ma per dire
cosa? Ho il sospetto che mio marito abbia ucciso i miei bambini e nascosto i
corpi? Mi avrebbero preso per pazza e non mi avrebbero creduto senza prove. Ma
che prove mi servivano? La giustizia privata è l'unica forma di giustizia a mio
parere.
Mi feci coraggio e digitai il numero di mio marito al
cellulare- Pronto amore? Tutto bene? –finsi con la voce più dolce e gentile che
riuscivo a fare- scusami mi ero addormentata, è successo qualcosa?
Era stupito, lo sentivo dalla voce- oh nulla cara, un mio
amico mi ha fregato il cellulare e ha mandato quei messaggi e ti volevo solo
dire che non ero stato io…i ragazzi stanno bene?
-Ragazzi? –chiesi io fingendo di non capire e ricordare
nulla- quali ragazzi amore?
-Nulla, scusami sono solo un po’ stanco dal lavoro, come va
nella nuova casa?
-Ah giusto per questo ti ho chiamato, perché sono in questa
nuova casa hai qualche idea? Mi sa che mi sono scordata qualcosa…
-Perfetto- disse lui- tranquilla sei nella nostra seconda
casa, non ti preoccupare amore…
-Ok tesoro…lavori anche oggi fino a tardi? –chiesi io cercando
di fingere che fosse tutto normale
-Purtroppo si amore- rispose lui- perché?
-Oh nulla…volevo sapere se dovevo cucinare per due oppure no
e se…-mi costò moltissimo dirlo- se dovevo aspettarti alzata per fare…tu sai
cosa…-ridacchiai, ma avrei voluto vomitare
Lo sentii sorridere- purtroppo amore mio devo
lavorare…magari riesco a liberarmi verso le sei…ma non ti prometto nulla…tesoro
sai che pensavo?
-Cosa amore? –chiesi io
-Che dovremmo adottare o fare qualche bambino, direi che è
ora no?
Mi si raggelò il sangue- davvero? Sarebbe magnifico!
Lui rise- perfetto, allora ne parliamo dopo…ti amo
Mi costò uno sforzo immane dirlo- anch’io- chiusi la
chiamata. Avevo capito cosa voleva…lui mi amava davvero, mi amava perché ero
molto accondiscendente e il fatto che avessi “dimenticato” tutto gli dava la
possibilità di ricominciare tutto da capo.
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