WitchandAngel : Capitolo 1: Sola e sperduta

Capitolo 1: Sola e sperduta

Capitolo 1: Sola e sperduta

Aprii piano gli occhi che era quasi notte, la mia testa stava esplodendo dal dolore e il mio corpo era un’enorme pena dovunque…se non mi ero rotta qualcosa era un miracolo. L’auto non era esplosa e il fuoco che ancora la prendeva illuminava un po’ la zona intorno a me. Cos’era successo? Dove mi trovavo? E poi le crudeli memorie di ciò che era successo, l’adrenalina della folle corse con l’auto, la speranza di averli seminati, la paura dell’incidente e infine il peggiore di tutti, il ricordo di quei due uomini che portavano via le ragazze. Ero terrorizzata, infreddolita, sperduta chissà dove e soprattutto ero…sola. Odiavo stare sola, il silenzio di quella solitudine mi aveva sempre portato a tenere le luci acese nei luoghi bui, accendere le televisioni anche se non le guardavo molto e a dormire sempre pregando di svegliarmi il giorno dopo. Non era raro che fossi sola, fin da piccola lo ero la maggior parte del tempo, ma la paura non era mai passata, quella solitudine mi opprimeva sempre, la paura di essere lasciata indietro, da sola, mi faceva sperare che chiunque fosse vicino a me, non importava chi o cosa, non volevo stare sola. Mi dovevo muovere, dovevo trovare aiuto, dovevo trovare le mie amiche, ma il mio corpo aveva altri piani, appena provai ad alzarmi caddi irrimediabilmente a terra con un forte dolore alla gamba e alla spalla, non ero incolume. Alzai lo sguardo da terra e guardai la mia gamba, sanguinava e provavo un forte dolore, avevo paura di guardare ma se non fermavo il sangue sarei morta dissanguata, guardai la spalla e vidi con terrore il lungo taglio che avevo che ancora sanguinava, speravo che le ragazze stessero meglio di me, ma un coltello insanguina piantato per terra mi suggerì che qualcuno mi aveva colpita, forse loro stavano bene. Mi trascinai fino a una delle nostra valigie caduta dall’impatto, per fortuna era la mia, avevo con me un kit di primo soccorso, con un ago e il filo per mettere i punti, e vestiti puliti.
-Oddio…oddio- dovevo ricucirmi e sarebbe stato molto doloroso
Aprii il kit e presi l’alcol per disinfettare delle bende, ago, filo e un paio di forbici. Cercai il mio taccuino e lo presi. Con le forbici tagliai il tessuto dei jeans, non riuscivo a toglierli e dovevo muovere la gamba il meno possibile. Mi misi il taccuino in bocca per evitare di urlare e versai l’alcol sulla ferita, bruciava da morire ma non potevo fare altro, una benda pulita tolsi il sangue e con l’ago iniziai a ricucirmi, era lungo e profondo ma non aveva che tagliato la carne, il che era una fortuna, avrei avuto solo una cicatrice per un bel po’. Non so nemmeno io come feci a farlo, a mente lucida e farlo a un manichino per il mio corso di primo soccorso era una cosa, ma in quello stato a me stessa…comunque sia dopo un dolore infinito versai ancora l’alcol e mi bendai la gamba. Avevo le lacrime agli occhi e ancora non avevo finito, il braccio, per di più il destro che era quello che usavo di più anche se ero in grado di usarli entrambi, continuava a sanguinare e sanguinare. Versai l’alcol e notai che il taglio non era poi così grave, un graffio in confronto alla gamba e non necessitava che io lo ricucissi, per mia fortuna, mi bendai al meglio e rimisi tutto nel kit e lasciai cadere il taccuino riprendendo fiato mentre il dolore si attutiva. Guardai i miei vestiti, dovevo cambiarmi a parte le scarpe ero completamente coperta di sangue. Con una bottiglietta di acqua mi ripulii al meglio e mi misi dei vestiti più comodi, dei pantaloni della tuta neri, una canottiera bianca con su la giacca della tuta, se trovavo le ragazze era meglio che non vedessero che ero ferita, con uno specchio mi controllai il viso, non avevo ferite o graffi, anche se i miei capelli biondi erano disordinati e gli occhi grigi erano molto spaventati. Presi dalla valigia il minimo indispensabile e lo infilai nello zaino. Mi alzai piano e provai a camminare, ci riuscivo e questo già di per sé era una vittoria per me. Cercai qualcosa di utile e a terra trovai i nostri cellulari
-Fantastico funzionano…ma se non le posso chiamare sono inutili…-sospirai- dove diavolo le avrà portate?
Infilai i cellulari nello zaino, senza campo non erano utili. Cercai ancora e trovai una torcia. Dopo un ultimo sguardo all’auto mi allontanai verso il bosco, i segni dell’auto dei tipi erano ancora sul sentiero. Le segui e mi ritrovai a inoltrarmi sempre di più nell’oscurità. La gamba, per quanto ora stesse “meglio”, mi dava ancora fastidio e spesso dovevo fermarmi a riprendere energia per continuare ad andare avanti. Dovevo trovare un medico, la polizia e le mie amiche…mi sembrava di giocare a “Hide and Seek” gioco che non avevo mai sopportato in vita mia. Le tracce si fermarono in un enorme villaggio, ma purtroppo non sembrava avere effettivamente ancora un’abitante…sorprendentemente però trovai tante ma tante bottiglie di alcolici e sigari, ma a giudicare dalla polvere nessuno li toccava da anni.
Era ancora notte e per quanto io volessi continuare a camminare dovevo riposarmi
-Solo…pochi minuti- mi dissi posandomi su un divano trovato dentro un vecchio hotel e invece mi addormentai e passò tutta la notte in un lampo.
Appena sveglia mi sentii meglio e con mia grande sorpresa qualcuno aveva lasciato sul tavolino di fronte a me della frutta e dell’acqua, mi aveva cambiato il bendaggio e i punti li aveva tolti, cos’era successo mentre io dormivo? Mangiai e provai a muovermi e ritrovai nelle mie mani il biglietto che l’uomo aveva lasciato il giorno dell’incidente “Smoke and Mirrors” il biglietto indicava un bar, che le ragazze fossero lì? E chi era il mio misterioso angelo custode? Non mi importava in quel momento, dovevo solo trovare le ragazze. Uscii in strada e notai in quel momento una mappa che era stata inchiodata sulla porta, ero sicura che non c’era il giorno prima, e su di essa era segnata una strada con un pennarello blu che portava verso un bar, le lettere “S&M” mi fecero sperare che fosse il bar dell’indizio e mi incamminai in fretta, dovevo trovare le ragazze e nessuno può capire il terrore che avevo in quei momenti.
Il bar era lugubre, distrutto e al centro c’era un’enorme vasca piena d’acqua…acqua, non sapevo nuotare benissimo e l’acqua così profonda…ne aveva paura, avevo paura di affogare. Le luci si accesero di blu
- “Hello Ms. Night” –una voce meccanica mi accolse facendomi gelare il sangue – “lei e l’acqua non siete molto amiche quand’è profonda vero?”
-Dove sono le mie amiche? –chiesi io
- “Voglio giocare con lei Ms. riuscirà a salvare la sua amica?”
-La mia…se hai fatto qualcosa alle ragazze io…
- “Cosa?” –rise- “scapperai con la coda tra le gambe brutta codarda?”
-Non le lascerei mai!
- “Oh ma che bugiarda, una falsa così ideale…ti preoccupi di loro sì…ma cosa può fare un’inutile ragazza come te?”
-Cosa vuoi da me? –chiesi io
- “Vederti soffrire…si diverta a salvarla…a presto…” –rise e mi lasciò sola con i miei pensieri. Tutto ciò che vidi fu le luci puntare sull’acqua che continuava a salire, mi avvicinai al vetro e impallidii
-Luisa!
La mia amica si immerse e mi raggiuse, il terrore nei suoi occhi mi congelò per pochi istanti
-Resisti! Troverò il modo di farti uscire capito? –lei annuì e tornò su per prendere fiato, avevo abbastanza tempo, circa venti minuti, prima che l’acqua riempisse tutta la vasca.

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