Capitolo 3: There is a
Killer here
La proprietaria di casa era una bellissima donna dal corpo
seducente. Aveva una vitina da vespa, curve definite e ben visibili, lunghe
gambe che sembravano non finire più, pelle chiara, occhi di un verde foresta
quasi ipnotici, labbra carnose e rosse come il sangue, capelli lunghi fino a
metà schiena castani con alcune ciocche di biondo qui e lì. Indossava un paio
di jeans rovinati dal tempo, stivali neri con tacco, una canottiera bianca e
una camicia a quadri era stata legata alla vita.
-S…salve- disse il bruno dagli occhi verdi guardandola
incantato- ehm…
-Posso esserle utile? –chiese lei annoiata dall’ennesimo
sguardo di un uomo incantato.
Era una donna pratica la nuova proprietaria di casa. Non amava
particolarmente avere la propria privacy disturbata, non amava ospiti
indesiderati e non amava avere gente intorno. Questo era qualcosa che presto
gli abitanti della casa avrebbero notato.
-James…mi chiamo James! –disse il bruno riprendendosi
Lei alzò un sopracciglio mentre i fantasmi osservavano l’uomo
con sentimenti misti. Era chiaro come il sole che l’uomo era caduto a prima
vista…era patetico per uomini e donne come loro che avevano vissuto in un’epoca
di fidanzamenti arrangiati al di fuori della loro volontà. L’amore vero
esisteva solo nelle storie per loro.
L’uomo era lì per consegnare tutti i materiali comprati
dalla donna e li mise subito nell’ingresso. Il spazioso ingresso venne presto
completamente riempito di pacchi, scatole e assi di legno. Il peso era
parecchio a giudicare dallo sforzo che l’uomo faceva, cercando di dare l’impressione
di essere forte e dare alla donna una buona impressione. Purtroppo per lui la
proprietaria pareva forse più irritata dei fantasmi all’intrusione dell’uomo
nella loro dimora. C’era una cosa che avevano imparato con gli anni, delle
volte l’istinto ti dava un indizio su chi era meglio evitare e chi era meglio
avere amico. In quel momento quell’uomo di nome James non sembrava aver dato
alla proprietaria nessun tipo di buona impressione. Dopo essere stato pagato la
donna lo invitò ad andarsene e tornare a lavoro, certo non fu diretta ma il
sentimento era chiaro per gli spettri che non poterono che darle un paio di
punti per l’intelligenza mostrata.
La donna prese un metro dalla sua tasca e una matita dall’altra
iniziando a misurare le travi e segnandole dove andavano tagliate. Per un
periodo di tempo interminabile non vi fu che il rumore ritmico del metro, della
matita e dei suoi tacchi quando si spostava. Dopo aver finito le misure alzò un
paio di travi con facilità portandole nella biblioteca. In un paio di viaggi
portò il necessario per rifare l’intera biblioteca e dimostrò una cosa, aveva
parecchia forza. Tirò fuori dalla borsa una sega e non esitò un secondo nell’iniziare
a tagliare le assi, inchiodarle dove dovevano essere inchiodate e rifinire il
lavoro con della carta vetrata per evitare schegge. Il silenzio della casa era
eterno, interrotto solo dal lavoro costante della donna, instancabile quanto
una formica o un’ape. Nel rifare la biblioteca mostrò parecchia abilità con l’ascia,
la sega e una buona conoscenza di carpenteria e falegnameria in generale,
stupendo parecchio i vecchi spettri che pensavano fossero lavori da uomo.
A differenza delle previsioni, la donna non ebbe problemi a
rifare più di tre stanze in un giorno. Durante la prima settimana, in cui gli
spettri la lasciarono in pace, notarono quanto poco parlasse o uscisse. Era uscita
poche volte e solo se necessario, si era fatta portare parecchio materiale a
casa e parlava poco o niente con tutti. In una settimana aveva finito il primo
piano di casa e sistemato i mobili esistenti se potevano essere sistemati,
bruciato quelli che non potevano essere sistemati e comprato nuovi mobili se
servivano. Una cosa che venne notata era l’assenza di tocco personale della
donna. La casa era identica a come l’aveva trovata, solo riparata. C’era una
poltrona scura vicino al camino che si era rotta? Una nuova poltrona scura era
stata comprata per sostituirla. Non parve che fosse il gusto di lei, pareva
anzi che stesse copiando il gusto della casa per evitare di renderla
accogliente.
La donna era una donna pratica, non aveva disfatto le
valigie, non aveva messo oggetti personali in giro e non aveva lasciato niente
fuori ordine se non necessario.
Pareva quasi avere intenzione di andarsene da un giorno all’altro.
Un giorno nell’inizio della seconda settimana James, che
aveva preso una strana abitudine di apparire troppo spesso nella loro
abitazione per il gusto di tutti, e si auto-invitò per una tazza di thè. La cosa
tentò davvero tanto gli spettri di far cadere un candelabro o volare un
coltello…
-Un killer? –chiese la donna alzando solo un sopracciglio
-Forse non lo sai ma questa cittadina ha una notevole
popolarità con i killer
-Cittadina abbandonata nel nulla, polizia assente, difficile
da trovare…mi chiedo perché –mormorò lei
-Quindi in caso qualcosa accada…puoi chiamarmi e…
-Sai…- disse lei posando la tazza- quando qualcuno dice così
non è mai un buon segno. Sembra quasi che tu stia valutando la possibilità di
avvicinarti a me tramite un “incidente” del genere…cosa mi garantisce che tu
non sia un killer? Un malato di mente? Uno psicopatico?
Lui si congelò- v…volevo solo essere gentile…
Lei sorrise- ovviamente
-In ogni caso…- disse lui imperterrito- sarò qui per te se…
-Un uomo che si offre volontario per aiutare una donna che
vive da sola in una casa lontano da tutti e che la conosce da meno di un giorno
se sommiamo tutte le visite fatte e le conversazioni effettuate…mi chiedo se tu
stia cercando di essere inquietante o se tu sia onestamente così idiota-
rispose lei diretta
Lui rimase stupito ma sorrise lo stesso- non devi aver paura
di me…
-Disse l’uomo con un coltello in mano puntato alla gola
della sua vittima- replicò lei- credo la sua visita sia durata il necessario. Buona
giornata…
-P…posso almeno sapere il suo nome? –chiese lui
-Se dopo una settimana non ti ho detto come mi chiamo…forse
dovresti prendere l’indizio e smettere di tentare, non credi James? –chiese lei
sbattendogli la porta in faccia e chiudendo a chiave.
Una cosa che notarono nella padrona di casa era la paranoia.
Ogni ingresso possibile nella casa era sempre chiuso a chiave e con sistema di
sicurezza, che aveva installato lei stessa, attivo. Aveva abbattuto gli alberi
vicini a finestre del secondo piano e si era assicurata che l’edera che
cresceva non fosse in grado di sostenere una persona adulta nel processo di
salire nell’abitazione. Una cosa era certa, era stranamente difensiva contro
probabili intrusi e da come si comportava, pareva quasi scappare da qualcuno.
Quando si assicurò che tutto fosse chiuso salì al piano superiore
e nella camera che aveva reso sua per accendere il portatile e collegarsi a un
sito. Per gli spettri quella tecnologia era aliena ma nessuno rimosse lo stesso
gli occhi dallo schermo. Il sito visitato era un sito che registrava i crimini
commessi, fintanto che eri un criminale, anche di taccheggio, eri registrato. Ci
mise un secondo a fare ciò che faceva ogni giorno dopo aver finito di
ristrutturare, controllare i cittadini che abitavano nella città. Molti non
erano registrati certo ma parecchi avevano crimini sulla propria fedina penale,
cosa che dava lei ragione nella sua paranoia. Non dormiva con una pistola e un
coltello sotto il cuscino per nulla. Qualcosa doveva esserle successo.
-Stupro…bel crimine fattorino.
La fedina penale di James era pressoché pulita se non per un
paio di denunce, poi abbandonate, di stalking, una di violazione di proprietà
privata e una di stupro, che era stata anche ritirata. Se non fosse stato per
la condanna per violazione di proprietà avrebbe avuto una fedina pulita per le
leggi dello stato che non si sarebbe preso il compito di scrivere le denunce
ritirate o abbandonate.
Quando un rumore di passi si sentì nel corridoio, la donna
fu veloce a tirare fuori la pistola che portava con sé e togliere la sicura. Il
fantasma responsabile del suono si mosse a sparire ma lei controllò la casa lo
stesso da cima a fondo. Quando arrivò in cucina si bloccò a guardare la porta
della cantina.
Fece una smorfia al pensiero che la porta conducesse all’esterno
e che lei non avesse la chiave a ciò.
-Domani…vedremo di aprire la tomba…
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