Capitolo 4: May I Axe you a question?
Vi erano vari metodi con cui si poteva aprire un lucchetto
di cui la chiave era sparita, la scelta stava tutta se si voleva tenere il
lucchetto oppure si poteva rompere e basta.
La donna si svegliò abbastanza normalmente e poco dopo aver
fatto colazione andò nel giardino posteriore per decidere come aprire il
lucchetto. Era una giornata abbastanza bella, il sole non era troppo pesante e
l’aria intorno all’abitazione era stranamente tranquilla. Era un’ottima
giornata per stare all’aperto e prendere un po’ di sole, cosa che finora la
donna non aveva potuto fare a causa del mal tempo. Di istinto guardò il tetto,
chissà in che condizioni era il terzo piano, ovvero la soffitta visto che
nessuno tendeva ad esso da anni e che probabilmente avrebbe avuto qualche buco
o perdita. Purtroppo il tetto pareva tutto eccetto sicuro per salirci sopra.
Stava osservando il tetto per un paio di minuti prima di
decidere a guardare la botola che portava alla cantina dall’esterno. Il lucchetto
era vecchio e arrugginito, però sembrava particolarmente duro e resistente. Il legno
della porta non era nemmeno graffiato e pareva difficile da rompere.
Intenta com’era non si accorse dall’ascia che si era
sollevata da terra dietro di lei. La lama risplendeva sotto la luce del sole e
il bagliore sembrò prendere l’attenzione della donna che non si mosse o girò. Quando
l’ascia venne lanciata contro di lei si lanciò di lato e fissò la lama che si
era incastrata nel punto dove la testa di lei era. Nonostante ciò la reazione
di lei fu minima e osservò solamente i dintorni e infilò una mano nel retro dei
suoi jeans tirando fuori una pistola e togliendo la sicura.
Dopo un paio di minuti rimise la pistola dov’era, la sicura
era stata rimessa e la donna pareva ancora abbastanza apatica. Guardò l’ascia e
afferrò il manico, mise un piede sulla botola e tolse l’arma con poco sforzo. La
lama era poco affilata e rovinata dal tempo, pareva anche parecchio vecchia e
tracce di una sostanza erano ancora visibili. Era impossibile dire se ci fosse
sangue o meno per la ruggine che vi era sopra e per il tempo che era passato. L’ascia
venne fatta girare un paio di volte e poi di colpo la lanciò contro il punto in
cui si trovava lo spettro che l’aveva lanciata. L’ascia si conficcò nell’albero
lì vicino e non si mosse. La forza che aveva usato era chiaramente non poca ma
non pareva impossibile ucciderci qualcuno anche in quelle condizioni. Rimase a
fissare l’arma per due secondi in più prima di girare sui tacchi e tornare nella
casa, recuperare la sua ascia dalla borsa di attrezzi e dirigersi in cucina. Guardò
il lucchetto e senza nemmeno esitare alzò l’ascia rompendo il lucchetto con un
taglio netto. La sua ascia era più affilata di un coltello dopotutto.
Calciò il lucchetto con lo stivale e aprì la botola usando l’ascia.
Subito l’odore di chiuso e l’oscurità fecero capolino da sotto.
Si inginocchiò vicino alla botola ma non poteva vedere
assolutamente nulla nell’oscurità della camera. Era improbabile che ci fosse un
sistema elettrico là sotto quindi era improbabile che ci fosse una fonte di
luce oltre candele e lampade a olio. Tirò fuori dalla tasca una torcia
elettrica e con ancora l’ascia in mano scese nell’oscuro piano sotterraneo.
Una fredda, oscura e umida sala l’accolse quando scese l’ultimo
gradino. I muri in pieta davano un’impressione di chiusura, quasi fosse una
sala per seppellire i morti e non tenere il vino. La legna degli scaffali era
fragile come un grissino e il minimo movimento avrebbe rotto lo scaffale e
fatto volare le bottiglie di vino sul pavimento. Le scale erano in pietra
incavata nel terreno stesso in una maniera che di naturale aveva ben poco e
dura a scendere e salire con facilità o velocità, quasi non fossero lì di
origine. Si poteva dire che quella fosse una tomba pronta per seppellire
qualcuno, serviva solo un corpo. L’odore stantio dell’aria rendeva difficile
respirare e la temperatura pareva innaturale e scomoda. Era difficile respirare
ed era difficile vedere nell’ombra. I muri erano ricoperti di qualcosa simile a
muschio e presentavano segni di rovina. Il pavimento era in pietra ricoperto da
un parquet di legno, purtroppo le assi erano rotte e rendeva facile inciampare.
Come pensava la stanza aveva solamente lampade a olio e candele per
illuminarla. Avrebbe dovuto montare delle luci se voleva usare questo posto. Con
un’ascia nella mano sinistra e una luce elettrica, la donna si inoltrò nella
stanza senza nemmeno un secondo di esitazione. Il rumore dei suoi tacchi era
interrotto dal gocciolio di qualcosa che colava e dallo scricchiolio delle assi
sotto i suoi piedi. La stanza era soffocantemente piccola ma non era veramente
piccola, la donna trovò varie stanze incavate nella pietra, la maggior parte
era per la conserva di vino e un’altra parte era per la conserva di cibo. L’odore
di marcio era irritante al naso ma la donna si limitò a fare una smorfia. La carne
putrefatta di qualche animale era appesa a ganci ed era ormai difficile
identificare cosa contenevano i barattoli sugli scaffali nel liquido nero che
immergeva tutte le sostanze ormai. Quando provò ad avanzare il rumore di vetro
rotto dalle sue scarpe venne sentito, quando puntò la luce a terra notò un
barattolo rotto, il liquido era ancora presente quindi non poteva essere caduto
che da troppo tempo ma nemmeno da poco, forse poco prima che lei si era
trasferita…forse no. Ciò che la luce illuminò fu un oggetto tondo e poco più
grosso di un tappo di qualche bottiglia. Era tondo e quando lo toccò con la
punta della sua lama scoprì che era morbido e soffice, facendo uno strano “squish”
quando venne premuto. Lo fece rotolare e l’oggetto grigiastro rivelò di avere
un cerchio più piccolo su uno dei lati con un cerchio all’interno…sembrava
stranamente simile a qualcosa che potevi vedere ogni giorno in qualsiasi essere
vivente.
La donna non ci fece caso e continuò ad esplorare con
cautela. Purtroppo il barattolo rotto era solo l’inizio.
***
Un fracasso si poteva sentire nelle vie della città mentre
la polizia inseguiva un sospetto.
Il sospetto indossava una giacca corta in pelle rossa, un
vestito nero, stivali alti fino al ginocchio con tacco a spillo neri, guanti
neri in pelle, un capello rosso e portava dei capelli corti neri, gli occhi
erano verdi. Correva quasi tanto era veloce mentre la polizia la inseguiva.
Tirò fuori qualcosa dalla tasca e la lasciò cadere a terra, creando una piccola
esplosione che fece sparire tutto alla vista di tutti per pochi minuti. Ma il
sospetto non si mosse dalla nuvola di fumo ma fu veloce ad agire. Sbatté i
piedi insieme, si levò la giacca per girarla in fretta e sganciarne i lati ora
esterni, girò il capello, si tolse la spilla dai capelli e girò i guanti in
pelle nera al contrario. Quando le scarpe si toccarono i magneti che tenevano
lo stivale alto fino al ginocchio agirono staccandosi e ripiegando così lo
stivale nero rendendolo uno stivaletto bianco, la giacca rossa in pelle venne
rigirata mostrando ora l’esterno nero, che era un giacca più lunga e stile
detective, che aveva i lati agganciati dentro così da poterla nascondere
perfettamente, quando questi vennero sganciati la giacca divenne lunga fino al
ginocchio e lei fu veloce a chiuderla e stringerla con una cintura. Quando si
levò il capello si vide l’acconciatura che aveva fatto e come i corti capelli
neri erano in realtà lunghi e solo acconciati in modo da acconciarli, quando
tolse la spilla che li teneva i capelli vennero rilasciati, la parte nera era
quella all’interno e l’esterno erano lunghi capelli biondi, girò il capello
rosso facendolo diventare nero e tirò fuori dalla tasca degli occhiali da sole
che si sbrigò a mettersi. Per ultima cosa, rigirò i guanti neri, facendoli
diventare bianchi e si lasciò cadere sul lato del marciapiede come molti altri
passanti. La polizia non si mosse per un paio di minuti e quando il fumo sparì
si guardò intorno chiamando rinforzi con il loro comunicatore e dividendosi per
trovare il sospetto. Nel mentre i passanti che erano caduti per lo spavento non
diedero retta alle forze dell’ordine e iniziarono a correre via per evitare
“l’attentato” che sembrava per accadere. Il risultato fu che la loro sospetta
fu molto veloce a sparire dalla scena indisturbata.
****
Quando la donna riemerse dalla cantina sembrava impassibile
come solito. Gli spettri non potevano scendere, o meglio non volevano, quindi
non erano certi di cosa avesse trovato all’interno di quell’orrido piano. Una cosa
era certa, la donna aveva avuto un’idea e invece di concentrarsi sul secondo
piano solamente, iniziò a modificare anche la cantina, purtroppo gli spettri
non osavano vedere cosa lei combinasse là sotto.
Una delle prime cose che fece fu portare all’inceneritore esterno
scatole e scatole di roba. Delle volte erano barattoli di vetro dal liquido
oscuro, altre scatole di legno il cui odore era disgustoso. Le dimensioni dell’inceneritore
erano abbastanza per incenerire un paio di cadaveri quindi non fu difficile
riempirlo con parecchie cose e accenderlo. Il fumo nero emesso era disgustoso e
sicuramente nocivo, però la donna era tranquilla a guardarlo mentre indossava
una maschera antigas e una tuta da lavoro macchiata da anni da olio e altre
sostanze di quando faceva lavoro intorno alla casa e probabilmente anche prima
di venire a quella dimora aveva fatto lavori manuali simili. Dalla cantina tirò
fuori più di ottocento bottiglie intatte di vino. Portò fuori anche sacchi e
sacchi pieni di bottiglie rotte e rimosse gli scaffali di legno per rifarli.
Quando James si presentò con il materiale lei non si mostrò
per nulla anomala e lo aiutò a scendere le cose così da poterlo rimuovere dalla
sua proprietà il prima possibile.
James le sorrise e visto che la porta sembrava non voler
stare aperta le aprì la porta per entrare- dopo di lei
-Oh che dolce…ma posso aprirmi la porta da sola- disse la
donna entrando velocemente e incastrando una trave in modo da tenere la porta
aperta.
Il fatto che James continuasse a sorridere imperterrito non
sembrò per nulla positivo.
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