Alpha Female
Capitolo 1: I make mistakes
Lo ammetto, ho fatto parecchie cazzate da giovane. Sono
bisessuale, ma per la maggior parte della mia vita sono stata fidanzata solo
con donne, o almeno finché non ho compiuto diciotto anni…ma sto correndo
troppo.
Il mio nome è Hestia Aidan Hood, ho lunghi capelli platino e
occhi argentati. Hestia viene dalla dea del cuore e della famiglia, mentre
Aidan significa piccola o focosa. Sono cresciuta in una famiglia amorevole,
abbastanza concorde con le mie indoli ribelli e che mi hanno sempre supportata
in ciò che facevo. Non sono mai stata realmente “ribelle” a dirla tutta, se non
andavo a scuola avvisavo i miei della cosa, se andavo a una festa avvisavo che
non ero a casa di Rachel o chi per lei ma che ero a una festa con alcol e
niente supervisione degli adulti. Mi hanno sempre ritenuta responsabile e
abbastanza matura per scegliere correttamente e pensare con la mia testa, non
ho mai avuto voti bassi o negativi e non sono mai stata una combina guai o
almeno non una di quelle davvero preoccupanti. Al tempo avevo diciotto anni,
ero fidanzata con Laura una bellissima brunetta che amavo alla follia e stavo
insieme a lei da circa…cinque anni credo forse più. Non sono tipo da relazioni
strane o che tradisce e questo era risaputo, se stavo con qualcuno era solo
quel qualcuno, al tempo Laura mi diceva le stesse cose ma evidentemente non era
così. Non ero mai andata a letto con lei, non avevo ancora voluto sperimentare
con quel lato della mia sessualità e stavo benissimo come vergine. Non sentivo
una necessità di avere quel passo in più né con lei né con altre o altri. Stavo
bene nella mia quotidianità e sinceramente pensavo andasse perfettamente tra di
noi…finché non mi ha mollato dicendomi che si era accorta di preferire la compagnia
di Pamela che a mia differenza amava andare oltre i semplici baci. Il che mi ha
lasciato a pezzi. Pamela e Laura erano migliori amiche per ciò che io sapevo ma
dopo un paio di mesi dalla mia rottura loro hanno rotto e prima che Laura
potesse riallacciare i rapporti con me Pamela mi ha chiesto di parlare. Non ho
nulla da dire ora come ora contro di lei, eravamo giovani, stupide e
probabilmente non era destino per me rimanere con Laura, ma devo dirlo in quel
momento ero molto giù di morale e stressata per tutta la mia vita in generale.
Pamela venne da me e mi parlò. Era distrutta…non credo di poter usare altro
termine. Era assolutamente uno straccio e devo dirlo…mi fece pena. Ero ferita
dalla mia rottura con Laura ma vedere Pamela in quello stato…non lo so avrà
attivato la sindrome della crocerossina che ho in me e mi ha fatto praticamente
diventare la sua migliore amica e spalla su cui piangere. Prima che potesse
dirmi ciò che voleva dirmi l’ho consolata per circa tre ore cercando di tirarla
su di morale e ricordarle quanto bella e speciale lei fosse e quante altre
possibilità avesse di fronte a sé nella vita. Dopo che fu abbastanza calma
iniziò a spiegarmi cosa Laura faceva. Apparentemente non le bastava una ragazza
e aveva un’altra e Pamela mi ha confessato di aver avuto il ruolo di amante per
anni prima che noi ci lasciassimo…ora non mi sento male per la cosa, al
tempo…diciamo che ero distrutta. Pamela andò avanti su dettagli e relazioni che
la mia ex aveva avuto e mi avvisò del pericolo che lei potesse tornare da me
perché a suo parere “ero la perfetta fidanzata”, in quel momento non avevo
nulla da dire. Ringraziai Pamela della gentilezza di avermi avvisata e le
assicurai che non avevo nulla contro lei o altre ragazze. Sinceramente mi
sentivo solo un’idiota per non averlo mai notato. Quella sera avevo bisogno di
dimenticare in qualche modo e andai a una festa. Lo dissi a mia madre, avrei
bevuto e mi sarei probabilmente ubriacata. Lei non pensò nemmeno al dissuadermi
dalla cosa, mi conosceva e sperava non l’avrei fatto ma mi disse che qualsiasi
cosa avrei combinato l’importante era che il giorno dopo ero tra le sue braccia
viva e vegeta. Non ero al tempo una grande bevitrice. A dirla tutta non bevevo
praticamente nulla, analcolici e bibite gasate erano il massimo che avevo nei
miei bicchieri, quella fu la prima sera che bevetti alcol e l’ultima. Ero a una
festa a casa di un amico che appena gli spiegai la situazione mi diede un
bicchiere in mano e mi disse che avrei potuto dormire lì quando sarei andata per
l’alcol. Bevetti…molto. Ricordi di quella sera…la voce di qualcuno molto sexy
che ci provava e di aver baciato qualcuno. Il giorno dopo ero in un letto della
casa della festa, nuda e non più vergine. Già…non ricordo nemmeno con chi
diavolo ho avuto la mia prima volta, ricordo però la serata in generale, non il
suo volto. Diciamo che avevo scordato Laura e tutti i miei problemi in quel
momento. Mi vestii, presi le mie cose e corsi a casa. La faccia di mia madre
quando le dissi tutto fu…non era delusa ma si sentiva in colpa per non avermi
fermata cosa insensata visto che l’unica deficiente ero io in quella casa.
Spiegarlo a mio padre fu…ci pensò mamma per fortuna. Mio padre di sangue era
morto per noi praticamente…aveva lasciato mamma da sola a crescermi, il mio
patrigno, un armadio di muscoli militare super premiato e dalla pelle dai toni
scuri era arrivato in soccorso di mia madre. Mia mamma è una dottoressa e fu la
sua dottoressa quando venne sparato, l’amore sbocciò nei corridoi dell’ospedale
e finirono all’altare prima che io fossi nata. Mio padre è lui per me. Non
poteva avere figli e sapeva benissimo che io non ero sua ma…sono la sua
bambina, ero sua figlia e sono ancora la sua piccola principessa. Furono
comprensivi e mi lasciarono a casa quel giorno. Avevo il cellulare spento e
zero voglia di vedere il sole. Non avevo sonno o altro quindi mi misi a
lavorare per gli esami di fine anno, mi sarei dovuta diplomare quell’anno e da
stacanovista e perfezionista che sono ero già pronta al primo mese di scuola.
Mandai per email le correzioni finali al mio coordinatore, che mi diede l’ok e
mi valutò sulla tesina presentata, e mi misi a dormire per il resto della
giornata. Il giorno dopo stavo male e di nuovo rimasi a casa, una bella
maratona di film e a mangiare schifezze fu la mia giornata. Il terzo giorno
stavo ancora male e mia madre mi costrinse ad andare a fare una visita con un
suo collega. Fisicamente stavo in perfetta salute e non avevo virus o malattie.
Era sinceramente colpito dal fatto che stessi male a quel livello e mi disse
che se non mi avesse conosciuto fin da piccola avrebbe creduto che fingevo.
Stavo realmente malissimo e avevo una forte nausea. Mia madre chiese di farmi
fare un test di gravidanza. Non so nemmeno quanto ho pregato fosse negativo…non
lo era. Mia madre era calma quando lesse i risultati, quasi sollevata anzi che
fosse quello e non qualche inspiegabile malattia, mio padre invece svenne alla
notizia. Un omone di due metri di muscoli che ha visto la morte in faccia e
compagni morire per mano nemica è svenuto per la notizia che sua figlia era
incinta, avrei riso se non fossi stata disperata. Io piangevo. Avevo diciotto
anni, avrei dovuto avere solamente pensieri sull’appartamento che volevo, quale
università scegliere, come iniziare a vivere da sola, come convincere papà che
potevo vivere da sola…invece ora avevo un bambino che mi aspettava. Un bambino.
Avevo in mente ora come tirare avanti senza una laurea o un lavoro nel caso i
miei mi avrebbero tolta di casa, cosa avrei fatto per il futuro di lui o lei e
cosa avrei fatto del mio futuro. Ho sempre amato i bambini e più volte facendo
la babysitter per vicini e clienti, ho ricevuto lodi su quanto brava e gentile
e buona fossi con loro, che madre fantastica sarei stata per i miei figli e cose
del genere…non volevo però provarlo a diciotto anni. Volevo figli nella mia
vita ma non di certo quando ancora dovevo finire il liceo. Fu mia madre a
calmarmi in tutto il panico che avevo dicendomi che avrei fatto male al
bambino. Mi chiese se volessi avere quel bambino. La risposta fu un sì
immediato, non avrei…molte volte mi sono chiesta durante la gravidanza cosa
stavo facendo. Nella mia testa si ripeteva una frase però…cosa sarebbe successo
se fosse stato l’unico mio erede. Mi ricordo quanto mia madre avesse tentato di
avere figli da mio padre dopo le nozze, i pianti quando scoprì di essere
sterile e la felicità di sapere che almeno un figlio lo avevano, me. La mia
testa pensava a quello. Se abortisco e non avrò mai più figli? Se lo metto in
adozione e finisce in mano a qualche perverso o maniaco? Posso davvero decidere
di uccidere o rovinare la vita di un essere che non ha colpe per un mio errore?
Non avrei mai lasciato il mio bambino questa era la mia unica certezza in quel
periodo. Mia madre sistemò tutto con il liceo. Non volevo si sapesse che ero
incinta, non ero pronta alle domande e agli sguardi di giudizio e non volevo
vedere nessuno a dirla tutta. Parlò al preside, nascondendo la reale ragione
della sua domanda dicendo che ero malata, e gli spiegò che io avrei dovuto
sostenere entro un mese gli esami di fine anno, mancavano più di cinque mesi
per gli esami. Il preside mi conosceva, ero una delle studentesse modello,
sempre puntuale, sempre pronta e sempre con i voti perfetti…in due settimane avevo
il mio esame fissato. Purtroppo non fu lo studio il più grosso problema ma le
mie nausee mattutine…la professoressa di Matematica mi dovette addirittura
aiutare nel bagno durante la sua prova…fu…imbarazzante…probabilmente gli
sguardi di pietà erano per questa mia presunta “malattia” e più volte il
preside mi chiese se volevo accompagnata in ospedale o se mi serviva aiuto per
qualcosa. Riuscii a diplomarmi con il massimo dei voti e la benedizione del
corpo docenti di avere un futuro brillante. Ero alla terza settimana quando
andai per l’ultima volta a scuola a prendere tutte le mie cose dall’armadietto
e raccogliere i vari documenti. Ricordo che incontrai molti miei amici in ansia
per me e incontrai Laura. Era sinceramente preoccupata perché non le avevo risposto
e poi aveva sentito che io mi ero diplomata prima di tutti senza dare una reale
spiegazione sui motivi a nessuno. Sinceramente mi ero scordata di lei…con
bambino e esami la mia ex era l’ultima delle mie preoccupazioni. Le dissi che
erano motivi personali e che non volevo parlarne. A dirla tutta ero molto
allegra per via degli ormoni ma ero anche nervosa per via degli ormoni. Quando
lei mi chiese di tornare insieme e “darci” una seconda possibilità…sono
leggermente scoppiata a ridere…forte e ho attirato lo sguardo di tutto il
corridoio. Le ho augurato buona fortuna e me ne sono andata dopo averle detto
un diretto no.
Mandai la mia domanda per l’università di informatica il
giorno dopo e venni subito presa, i calcoli di mia madre dicevano che il bambino
sarebbe nato prima che la mia università iniziasse e potevo cavarmela con studi
e bebè. Mio padre era entrato in modalità nonno, stava comprando di tutto prima
ancora che sapessimo il sesso e mia madre stava già ricamando trapuntine e
copertine per il bebè. Devo dirlo…io ero molto eccitata all’idea di avere un
figlio. Sapendo che non avrei avuto problemi e che non ero sola…mi aveva reso
la vita più semplice e visto che il bambino lo volevo ero…al settimo cielo. Fui
molto fortunata durante la gravidanza, le nausee finirono al primo mese e
potevo girare per la città senza sembrare incinta. Ero sinceramente spaventata
a un certo punto quando al quinto mese ero ancora molto magra ma il dottore mi
aveva rassicurata che il bambino era in perfetta salute e che ero solo io di
costituzione molto fine. Mamma mi aveva poi mostrato una sua foto e mi aveva
chiesto se era o meno incinta a mio parere, era al settimo mese e non sembrava
essere incinta più di uno o due mesi tanto era magra. Scoprimmo con gioia
immensa che era un maschietto. Maschio o femmina per me era uguale, sarei stata
felice con entrambi se il bambino era in buona salute, per fortuna era in
perfetta salute, ma quando si scoprì un maschietto mio padre era molto felice.
Aveva sempre amato fare attività maschili con me, io adoravo andare a caccia
con lui e tuttora amo andare a sparare con lui, giocare a calcio o football
americano e cose del genere, ma avere un maschietto era ovviamente qualcosa che
voleva, avrebbe finalmente dato consigli su donne a un maschio e non alla
figlia bisessuale femmina!
Non cercai il padre del bambino a dirla tutta. Non lo
ricordavo e il mio amico mi aveva confermato che non conosceva tutti al party e
lui si era andato a chiudere con il fidanzato in camera dopo due ore…sapeva
solo che ero con un uomo affascinane dai capelli scuri, il che nel luogo dove
vivo, dove la maggioranza ha capelli scuri, toglie qualcosa come…il dieci
percento dei maschi al party sempre se è questo moro ad avermi regalato un
bambino. Non ci tenevo a saperlo e sinceramente non so quanto tuttora ci tenga
a saperlo.
Lo chiamai Zane Jayden, il primo porta il significato di
“nobile” e “amato”, il secondo di “colui che giudica” e “protetto”. Nacque al
sesto mese con capelli neri e i miei occhi argentei. Non venne mai scritto chi
fosse il padre e prese il mio cognome, Hood. Fui estremamente fortunata e persi
i kili presi poco dopo il parto, se mi vedevi non avresti mai detto che avevo
un figlio. Fu un amore di neonato, mi laureai senza problemi e crescerlo fu
molto più semplice di ciò che credevo, specie grazie al supporto dei miei
genitori. Quando Zane aveva due anni mi trasferii ufficialmente in un
appartamento per avere più libertà e non pesare troppo sui miei, iniziai a
lavorare subito dopo essermi laureata grazie a dei professori che mi avevano
preso in simpatia e consigliato a varie aziende per i tirocini che dovetti fare
per due anni dopo i tre di laurea, nel mentre iniziai a lavorare a mie app e
siti online, facendo abbastanza soldi per supportare me stessa e il mio
bambino, iniziai anche a mettere da parte molto per il college e l’università
di Zane, volevo essere preparata e lo sarei stata. Incontrai Laura con i miei
amici quando ero a spasso con Zane, al tempo aveva tre anni se non ricordo
male. Lei mi guardò per molto tempo prima di avvicinarsi e parlarmi, fecero una
battuta sul fatto che ero bloccata di nuovo a fare babysitter. Lasciai mio
figlio rispondere con un eloquente “non è la mia babysitter, lei è la mia
mamma” che li zittì completamente. Non diedi spiegazioni ma dissi solo che ero
sua madre e che lo avevo avuto prima di iniziare l’università. Ovviamente
chiesero chi era il padre e altre cose del genere ma…non risposi. Mi inventai
un impegno e continuai con la mia giornata. Quando Zane aveva cinque anni
chiese una sola volta di suo padre, gli avevo sempre detto la verità e gli
dissi che non lo sapevo, dire che mio figlio è un genio sarebbe dir poco, non
chiese e non giudicò sua madre…ricordo che mi strinse e disse che era felice
che io avessi deciso di tenerlo e dargli una possibilità di vivere con me. A
scuola Zane era meglio di me, un genio in tutto e i vari insegnanti non
facevano che tesserne le lodi, abile negli sport e molto estroverso…in pratica
il figlio modello potrei dire e di sicuro l’amore dei miei genitori.
Ha otto anni ora e io ne ho ventisei. Non potrei essere più
fiera di avere lui come figlio e di come la mia vita stia andando. Sono stata
baciata dalla fortuna potremmo dire. Le mie app sono diventate molto popolari,
dandomi uno stabile guadagno prima che Zane avesse tre anni, i soldi guadagnati
li ho in parte investiti in azioni che poi ho rivenduto prima della fine
dell’anno guadagnando moltissimo, con quello ho creato la mia azienda
personale. Ci occupiamo di tecnologia…da nuovi computer, telefoni, console da
gioco, videogame, app…qualsiasi cosa riguardante il mondo di giochi e
tecnologia lo facciamo in pratica. Abbiamo parecchi investitori e siamo
diventati una multinazionale in due anni. Zane è cresciuto nella tecnologia
come risultato, non posso dire che possa aggiustare un computer come me, ma
sono abbastanza certa che sappia programmarti un’app a furia di guadarmi
lavorare su codici e database fin da piccolo.
Quando vivevo ancora con i miei di solito mamma cercava di
distrarlo dalla mia assenza, ero in università dalle otto del mattino fino
all’una due volte a settimana e dalle otto alle sei altre due volte. Ero
fortunatissima ad avere almeno il venerdì, il sabato e la domenica
completamente liberi da poter dedicare totalmente a Zane. Mia madre e mio padre
lo tenevano la mattina finché non tornavo dall’Università, poi iniziò l’asilo,
ma se stava male rimanevo io a casa con lui. Era mio figlio, mia responsabilità
e volevo essergli vicino. Per noi le sere erano il nostro momento speciale. Era
quando mamy era a casa e solo di Zane. Mi ricordo di aver fatto per molto tempo
le notti a studiare per gli esami perché passavo il pomeriggio con Zane, quando
inizia a lavorare fu anche poco il mio tempo libero, per fortuna l’orario
universitario era sotto mia decisione e potevo giostrare meglio le mie ore, e
ricordo di tornare a casa stanchissima, con l’unico desiderio di mangiare e
andare a letto. Poi Zane mi vedeva e allungava le sue braccia per venir preso
in braccio e coccolato da me e il mio unico pensiero diventava “come posso
spendere più tempo con lui?”. Quando finii le lezioni e rimase solo il
tirocinio fu tutto MOLTO più semplice. Con il tirocinio ero occupata solo la
mattina, nello stesso orario in cui Zane era a scuola, quindi potevo gestirmi
tutto senza perdermi una singola ora del suo tempo. Quando lui dormiva il
pomeriggio, se non ero stremata e dormivo con lui, lavoravo alle mie app o al
mio lavoro di freelance, avevo a quel punto mollato il mio lavoro per avere più
tempo libero da dedicare a Zane e le mie app avevano iniziato a farmi
guadagnare qualcosa che poteva aiutarmi a sostenerci, poi il lavoro da
freelance online mi permetteva di lavorare da casa così che non spendessi
troppo tempo senza Zane. La domenica era il pranzo dai nonni, il che
significava per me vedere mio figlio monopolizzato dai miei genitori e io
potevo lavorare un po’. È stata davvero una fortuna che le cose siano andate
come sono andate…e per fortuna ho abbastanza buon senso da gestire i miei soldi
in maniera responsabile.
-Signorina Hood- dice la mia segretaria Melissa entrando-
c’è il suo ultimo appuntamento della giornata
Melissa ha capelli rossi e occhi verdi, è sempre allegra ed
è due anni più giovane di me. Zane va molto d’accordo con lei a dirla tutta e
spesso quando sono in riunione e non posso portarlo con me lei sta volentieri
al suo fianco.
-Fallo entrare Melissa, grazie- dico io con un sorriso
tranquilla
Lei arrossisce- si…si figuri signorina…sarà qui a minuti
I miei occhi vagano per l’enorme ufficio che mi ritrovo,
principalmente coperto da librerie, schermi di computer e foto. Due foto che ho
sulla mia scrivania sono di me e Zane con i miei genitori e l’altra di me e lui
da soli, quando aveva appena imparato a camminare. Mia madre si chiama Phoebe,
ha capelli castani e occhi blu, mio padre invece si chiama Andrew, ha capelli
neri e occhi neri. Da ciò che so mio padre naturale era castano con occhi
scuri, quindi io che sono platino con occhi argentei non so da dove sono
uscita. Chissà se Zane somiglia al padre…è un pensiero che mi ha sempre
incuriosito perché non somiglia molto a me, se non per gli occhi, non somiglia
a nessuno della mia famiglia quindi…chissà…
-Signorina Hood- sorride un uomo entrando- sono qui per il
famoso contratto
-Signor Thomas…si sieda- dico io non ricambiando il sorriso
del biondo dagli occhi blu. Henry Thomas è un uomo con molti soldi, molte
aziende, molte donne e pessimo carattere. Non so perché ma non mi piace come
persona. Specifichiamo, non mi piace come ha commentato la presenza di un
figlio nella mia vita senza anello alla mia mano sinistra. Avrà, cosa? Tre anni
più di me? Non ho mai sentito uomo più maschilista nella mia vita. Zane non lo
sopporta, per ovvie ragioni, e io sinceramente concordo con mio figlio.
-Dunque ha finalmente pensato a firmare? –chiede lui
-Non ho intenzione di darle nulla Signor Thomas- inizio io
-Hestia per piacere chiamami Henry- dice lui con il suo
sorriso da “seduttore”
-Signor Thomas, la chiedo di non chiamarmi per nome. Io e
lei non siamo in nessun tipo di relazione e lei mi sta cominciando a
innervosire. Il contratto non verrà firmato, né ora né mai- dico io freddamente
buttando di nuovo il plico di fogli nel mio cestino, facendolo arrabbiare di
proposito
-Sei solo una donna Signorina Hood…da sola non sopravvivrà
in questo mondo- risponde lui alzandosi minaccioso
Io mi alzo in piedi sovrastandolo in altezza, non per
qualcosa ma sono alta di mio oltre il metro e ottanta e con i tacchi sono
parecchio alta- esca dal mio ufficio Signor Thomas. Non ho bisogno di uomini
come lei nella mia vita
-Fare la puttana l’aggrada di più eh? –chiede lui cercando
di toccarmi
-Provi a toccarla e la pagherà cara- dice una voce a me nota
-E lei chi sarebbe per…- e di nuovo l’idiota si zittisce.
Mio padre è un armadio di muscoli e supera i due metri come altezza quando è
incavolato, anche con Zane in braccio sembra pronto a tagliarti la gola
-Sono il padre di quella che sta insultando- risponde lui
-N…non finisce qui- dice lui filandosela
-Stai bene tesoro? –chiede mio padre
-Sì, sto bene- dico io. Zane salta giù dalle braccia di mio
padre per corrermi in braccio- amore mio, ti è mancata mamma?
Lui annuisce stringendomi- siamo usciti prima e nonno mi ha
preso da scuola. Visto che finivi prima oggi ho chiesto se potevo venire d te
Gli do un bacio sulla guancia- puoi sempre venire da me
amore…lo porto io a casa, grazie papà
Lui mi sorride- ricordati di passare domenica a pranzo
Io annuisco guardandolo uscire- che vuoi fare amore?
-Avevi promesso che andavamo al cinema- dice lui- ti sei
dimenticata vero?
-Mi spiace- dico io
Lui sorride e tira fuori i biglietti dallo zaino- li ho
presi online. Sapevo che ti saresti dimenticata, sei abbastanza energica per un
film?
-Per te lo sono sempre tesoro- dico io prendendo la borsa e
chiudendo tutto- andiamo?
Lui sorride- visto che dopo sarà circa ora di cena…ho
prenotato al ristorante
Io scoppio a ridere- ormai non mi stupisce più come tu
riesca ad usare internet
-Ho una mamma che lavora con la tecnologia, ci mancherebbe
che non so prenotare due o tre cosette –dice lui- domani magari verrò da solo a
trovarti?
-Zane…- dico io
-Un autista? –prova lui –voglio dimostrarti che posso
farcela da solo…
-Vedremo –dico io- sei ancora piccolo
-Vero…ma sono molto più furbo del 90% dei ragazzini della
mia età e hai un rintracciatore nel mio telefonino e nel mio orologio che puoi
usare per sapere dove sono, inoltre la strada che farei da scuola a qui ha una
caserma della polizia, vigili del fuoco, negozi e abbastanza persone che un
rapimento sarebbe impossibile- prova lui
-Vedremo amore…per oggi pensiamo solo a goderci la giornata-
gli dico io- Melissa noi andiamo
****
-Stupido traffico- disse qualcuno guardando fuori dalla
finestra
-Mamma guarda un gelataio- urlò un bambino. Normalmente il
moro dagli occhi blu non vi avrebbe prestato attenzione, la zona in cui era
aveva un paio di scuole e i bambini erano comuni…eppure la voce della madre del
bambino lo forzò a voltarsi a guardare. La folla era molta ma riuscì per un
secondo a intravedere dei capelli platino e occhi argentei
-Ferma l’auto- disse all’autista prima di uscire fuori.
Purtroppo per lui l’aveva di nuovo persa di vista
-Signore? –chiese il suo assistente
Si passò una mano tra i capelli tornando nell’auto- possiamo
andare…
-Hai…rivisto quella ragazza? –chiese il suo braccio destro e
migliore amico
Lui annuì- non capisco…dovrebbe essere in questa
stramaledetta città…perché in otto anni non l’ho mai rivista?!
Il bruno dagli occhi verdi gli sorrise- perché hai molta
sfortuna amico mio
-Già…- mormorò lui guardando altrove e provando a ritrovarla
nella folla
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