Capitolo 27: My Past
Non sono mai stata fortunata nella mia prima vita. Non lo
negherò mai. Quella vita era uno schifo dall’inizio alla fine. I miei genitori
mi lasciarono presto, venni lasciata ad un orfanotrofio quando avevo cinque
anni. Non tutti gli orfanotrofi sono crudeli, il mio era molto confortevole, la
casa famiglia che mi ha preso tuttavia non lo era. Era gestita da due drogati
che ancora mi chiedo come diavolo abbiano fatto a rimanere nel libro di persone
responsabili per tenere un bambino. Delle volte non ero sicura di riuscire a
sopravvivere lì dentro. Eravamo otto ragazze lì e dodici ragazzi. Io ero
entrata quando ne avevo sette anni, ne sarei uscita a dieci ma quei pochi anni
furono inferno in terra. I ragazzi erano più grandi di noi ragazze, erano tutti
o quasi inseriti in qualche giro strano. Alcuni sparivano per giorni e nessuno
in casa sembrava darsi pena per loro. Alcune ragazze sono sicura si
prostituissero e non sono nemmeno certa se fosse loro la scelta o delle persone
che ci tenevano lì dentro. Io non venni mai toccata o picchiata, sapevo come
passare sotto il radar e come muovermi in fretta fuori dalle situazioni
pericolose. Lì dentro era un “sta zitto o ti zittiscono”, se i due adulti erano
nervosi o stressati o in qualsiasi modo di malumore era meglio se non esistevi
o ti avrebbero fatto desiderare di non esistere. Non ho paura di ammetterlo, ho
trascinato alcuni miei “fratelli” e “sorelle” fuori dalla casa appena percepivo
la possibile presenza di uno dei due di malumore. Le conseguenze erano che i
due se la prendevano a vicenda, noi ragazzi eravamo nascosti in qualche angolo
del giardino o nel bosco vicino casa. Dopo aver capito che io ero quella che
poteva aiutarli a evitare botte per i ragazzi e le ragazze divenni qualcuno di
importante, questo mi evitò liti con loro e pericoli con loro. Con il tempo
riuscimmo anche a toglierci dai guai a vicenda e eventualmente i più grandi
riuscirono a smettere di bere, fumare o drogarsi.
Ho sempre avuto un potere strano. Delle volte avevo delle
visioni, brevi ma reali. Vedevo piccoli frammenti del futuro. Al tempo non sapevo
gestire i miei poteri, ai nove anni avevo molto più controllo però. Ai dieci
anni vidi qualcosa che diede una svolta alle nostre vite…io…io…
Ho ucciso.
Mi svegliai nel cuore della notte in preda a una delle mie “crisi”,
al tempo erano quelle per noi. Una delle ragazze mi teneva ferma per evitare
che mi ferissi e un’altra era andata a svegliare i ragazzi. Quando avevo le
visioni era sempre meglio che tutti fossero presenti.
Vidi una cosa che mi fece solamente dire una cosa “abbiamo
venti minuti per andarcene o moriremo qui”
Prendemmo ciò che ci serviva di più e poi corremmo fuori. Passarono
i venti minuti e la casa saltò in aria. Qualcuno aveva lasciato il gas acceso e
quando uno dei due adulti aveva acceso uno dei soliti sigari che si fumavano in
casa la stanza era già piena di gas.
Avrei potuto salvarli? Sì.
Volevo? No
Quando la polizia arrivò e ci trovò nelle condizioni in cui
eravamo…diciamo che la prima cosa fu portarci in ospedale per controlli medici,
la seconda fu lanciare una denuncia ai servizi sociali per la loro inaffidabilità.
Io avevo dieci anni all’epoca. Ma dopo i quattro mesi in ospedale decisi di
filarmela.
Imparai a controllare il mio potere di visione a poco a
poco. Riuscivo a entrare nei negozi non sorvegliati, prendere cibo e dormire al
sicuro, lavarmi nei bagni pubblici delle palestre, cambiarmi con vestiti che
rubavo in giro.
Ogni volta che provavo a pensare di restare ferma in un
punto, in una casa…diciamo che le mie visioni mi mandavano in paranoia. Non potevo
fermarmi. Non ero al sicuro.
Verso i dodici anni ho capito che mi serviva una educazione
per poter crearmi un nuovo futuro. Mi servivano documenti, falsi ovviamente,
una scuola, una casa, cibo stabile, soldi…soprattutto soldi se volevo sopravvivere.
Dove mi trovavo l’età per giocare alla lotteria minima era dodici anni…usai i
miei poteri, vinsi il montepremi e sparii appena presi i soldi prima che
qualche dannata televisione venisse a farmi un’intervista. Con quei soldi mi
comprai un’identità. Affittai un appartamento in una città dove tutti erano
nessuno e nessuno era tutti, ovvero nessuno si sarebbe interessato a una
ragazzina che viveva da sola, e iniziai a studiare. La mia educazione fu tutta
fatta da me. Da auto-didatta appresi le basi che mi mancavano, il comportamento
che dovevo tenere…in pratica mi sono fabbricata le basi. Fu dura. Specie perché
cose di comune nozione per me erano totalmente nuove o fuori dal comune. Sapevo
leggere e scrivere grazie alle suore e qualcosina l’avevo imparata, ma una
volta entrata nella casa famiglia non ho più visto libro.
Per i soldi…cominciai a giocare con quelle macchinette e a
giocare di azzardo online.
Entrai in un liceo privato e da lì le cose andarono bene per
un paio di anni. Entrai in medicina, strano ma vero ero portata per lo studio.
Nel mentre scoprii la mia passione per i videogame. Non avendo
avuto un’infanzia di giochi ho sviluppato una passione per giochi e giocattoli.
Restai sola dopo che un ragazzo al liceo mi tradì con un’altra…ormai sembra
tutto così inutile.
Morii di mia volontà. Ero nel reparto dei bambini. Vidi la
catastrofe. Vidi cosa mi sarebbe successo. Decisi di rimanere e far scappare i
bambini per primi. Rimasi nell’edificio e morii soffocata.
***
-L’ultimo mio desiderio fu di avere una vita migliore –dico io
finendo il mio discorso
Prima che io possa capire cosa sta succedendo mi ritrovo
tirata in un abbraccio stretto- andrà tutto bene…non sei più sola
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